Il tema dei big data può essere affrontato sotto tre diverse prospettive.
La prima prospettiva è quella tecnologica: al giorno d’oggi le capacità di calcolo e di immagazzinamento di dati delle macchine hanno raggiunto livelli elevatissimi, prima addirittura impensabili, e a livello server da anni l’unità di misura è il petabyte. L’approccio tecnologico è quello portato avanti da azienda di informatica alla ricerca di nuovi utilizzi e mercato per i propri prodotti.
Il secondo tipo di approccio nei confronti dei big data deriva dalla sempre maggiore disponibilità di informazioni che l’economia di servizi produce ogni giorno, con la progressiva dematerializzazione dei prodotti.
Le informazioni derivano da qualsiasi attività umana (dalle attività finanziarie a quelle culturali, a quelle sanitarie, etc) e dai molteplici strumenti o prodotti ormai costantemente connessi a internet. Sono soprattutto le grandi aziende di retail a fare proprio questo approccio, lavorando sulle analisi dei consumi e sulla profilazione degli utenti.
Infine, il terzo approccio è quello legato alla valutazione dei problemi connessi ai Big data.
La società moderna è fluida, cangiante, difficile da fotografare e interpretare con i classici strumenti di analisi, ma non attraverso i Big data. Questo tipo di approccio dovrebbe essere adottato a livello istituzionale per permettere a governi nazionali e territoriali di comprendere meglio i problemi reali prima di prendere delle decisioni: il ricorso a data mining e data analytics può portare a un’evoluzione del rapporto con i cittadini, permettendo di comprendere cambiamenti repentini di natura sociale ed economica.
In termini di servizi, l’analisi dei Big data può portare a una valutazione controlla della spesa, alla personalizzazione dei servizi, alla riduzione degli sprechi e delle frodi.
Dati e tecnologia non mancano; si tratta, in sintesi, di creare una cultura del Data driven decision, ossia arrivare a decisioni partendo dall’analisi dei dati.